Comune di Galliera Veneta
Portale Istituzionale

Intervista su Repubblica a Paola Egonu: "La mia Italia a un passo da Rio".

Pubblicata il 10/05/2016

L' Amministrazione Comunale è lieta di poter pubblicare l'intervista fatta alla nostra concittadina
PAOLA EGONU e apparsa su "Repubblica"



Ha 17 anni, è nata in Veneto da genitori nigeriani.
Le azzurre le hanno detto: “Tu schiaccia, al resto pensiamo noi”.
E lei le ha portate al torneo che qualifica ai Giochi.

 
MILANO - TRE METRI virgola trentasei centimetri di slancio sopra la banalità. Tanto salta Paola Egonu, pertica di minorenne per altezza (1.90) e profondità:

"Certo che sono diversa. Ma se sono nera non significa che rubo nei supermercati. Ho 17 anni e sono bravina, ma soprattutto la mia io la chiamo fortuna del principiante". Oro ai mondiali di volley under 18 l'anno scorso, dove è stata premiata miglior giocatrice del campionato. Nata in Veneto a Cittadella da genitori nigeriani, vive, studia e gioca schiacciatrice nel Club Italia. È stata lei a trascinare la nazionale di pallavolo italiana a Tokyo dove ci si gioca Rio nel torneo preolimpico (14-22 maggio): tre pass in palio per le prime tre classificate, oltre alla migliore formazione asiatica. Esordio contro la Corea del sud nella notte italiana del 14, poi Thailandia, Repubblica Dominicana, Perù, Olanda, Giappone, Kazakhstan. Al centro Pavesi di Milano Paola rimugina sulla favolosa idea di andare alle Olimpiadi. "Ma no, non
esageriamo. Io sono utile adesso, e grata al ct Marco Bonitta che ha così tanta fiducia in me. Darò una mano, tutto qui. Mica sono all'altezza dei Giochi Olimpici".

Prego?

"Non voglio illudermi e montarmi la testa. Certo, se penso alla cerimonia di Londra che è la prima che ho seguito, mi vengono i brividi. Rappresentare il proprio paese è un privilegio. Entusiasmante Bolt, ma che commozione vedere un atleta che a terra coi crampi si è rialzato e ha concluso la gara. Lo sport è determinazione, anzi ti determina. Io non ho un campione idolo, ma mi concentro sui dettagli di molti. Anche se ho ancora troppi alti e bassi. Non sono la giocatrice che vorrei, quella che risolve i guai. Devo accettare i miei limiti, anche se sono problematica".

In che senso?

"Che vorrei essere considerata una su cui contare. Però non voglio nemmeno dare nell'occhio, fare quella che se la tira, anche se potrebbe sembrare da tutti questi capelli rossi. Sì, contraddittoria: un giorno dico che mollo tutto, quello dopo finché una diagonale stretta non mi viene perfetta mi devono cacciare dalla palestra. Un casino".

È molto giovane.

"Sono andata via di casa presto, a 13 anni. È stata dura lasciare Cittadella e i miei, ci stavo bene nella sfera di cristallo che mi aveva costruito mio padre. Ho dovuto abituarmi a vivere con altre compagne al Club Italia, persino a parlare durante i pasti".

Prima non lo faceva?

"Per tradizione i nigeriani mangiano in silenzio, per rispetto al cibo e digerire meglio. Per me tutti sapori nuovi, lontani dai risi speziati di mia mamma. Infatti per un bel po' non ho mangiato, anche per via di un sacco di problemi ai denti".

Ci racconti.

"Mi sono operata per ridurre la sporgenza dell'arco superiore e ho messo questo apparecchio. Una vera rottura masticare, ma visto che c'ero non mangiavo anche per rimanere magra. Certe mattine guardarmi allo specchio è una pena".

Alta e potente, cosa c'è che non va?

"Dell'altezza non mi sono mai vergognata, però è ovvio che non sono come le altre adolescenti. E non solo per via del colore della pelle."

Ha avuto problemi col razzismo?

"Sì, in passato in qualche palazzetto. Ma anche al supermercato: una commessa mi seguiva temendo che rubassi. Ma pure a scuola discussioni assurde con dei compagni che ripetevano cose sceme sentite in qualche tv scema: che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani o che vogliono cambiare la cultura di chi li ospita. Eppure mi conoscono: nata in Italia e con la cittadinanza, accento veneto, uguale a loro spiccicata. In classe, 4° anno di Ragioneria al Cardano di Milano, su 16 siamo 9 stranieri".

Si sente straniera?

"Italiana di origine africana, che legge e parla inglese in casa. Ogni due anni torno in Nigeria a trovare i parenti. I miei si sono conosciuti in Veneto 30 anni fa, papà Ambrose è di Lagos, fa il camionista e mamma Eunice è di Benin, infermiera. Si sono sposati e hanno avuto tre figli, i miei fratelli Angela di 16 anni e Andrea di 10, per avere un futuro qui. Ma da pochi mesi si sono trasferiti tutti a Manchester, lì hanno trovato opportunità di crescita. Non si sono mai arresi e mi hanno insegnato a lottare".

Cosa pensano della tua carriera?

"Sono molto orgogliosi di me. Lo è mio nonno che quando gli ho portato in Nigeria la maglia azzurra della nazionale juniores con cui ho vinto l'oro, ha pianto. È stato mio padre a incoraggiarmi con la pallavolo quando da piccola giocavo nei prati di Cittadella. Mi sono iscritta al club del paese, il Team Volley. A una selezione mi notò Marco Mencarelli l'ex ct, che mi propose il Club Italia. Non ero convinta, invece mi ha aiutato a crescere, specie di testa".

In Turchia dove avete guadagnato un posto al preolimpico, sei diventata una stella.

"Una paura matta di non essere all'altezza. Invece Antonella Del Core e le altre più grandi mi dicevano: Paola stai serena, tu picchia e basta che al resto ci pensiamo noi".

E tu ci pensi al tuo futuro?

"Voglio iniziare un'altra avventura: prendere la patente, iscrivermi a Economia all'università, magari un'esperienza all'estero. Sono secchiona, devo ragionare finché una cosa non la sviscero super bene. L'amore? Un disastro, nessuno che mi coccoli. No che non mi sento bella, ma vabbè, ho interessi: il francese, l'hip hop e New York. Ci sono andata l'estate scorsa a trovare i miei zii nel Queens, una folgorazione. Lì puoi davvero essere come ti pare, nessuno ci fa caso e non ti devi giustificare ".

 


Facebook Twitter
torna all'inizio del contenuto