Comune di Galliera Veneta
Portale Istituzionale

Sabato 6 giugno - Intitolazione della Biblioteca Comunale a Giuseppe Mesirca

Pubblicata il 03/06/2015

 
 
   L’Amministrazione Comunale di Galliera Veneta  rende omaggio al suo concittadino

GIUSEPPE MESIRCA



illustre figura di medico, scrittore, narratore, saggista e critico d’arte, vincitore del premio Selezione Campiello nel '67,

intitolando a suo nome  la nuova Biblioteca Comunale
in occasione del  ventennale dalla sua morte
.



"Il Poeta, la Musica... il Parco"

Sabato 6 Giugno 2015 alle ore 21.00


Parco di Villa Imperiale

Lettura di Federica Santinello del racconto inedito
"Il Poeta solitario del paese in cui non accadeva mai nulla"
di Maria Rosaria Armando

la lettura sarà alternata a
brani musicali eseguiti alla chitarra classica da

Alberto Mesirca

Presso la Sala Nobili Cappello: esposizione di quadri degli artisti
G. Viviani, A. Fasan, F. De Pisis, Juti Ravenna e altri ancora,
amici dello scrittore e di alcuni suoi libri in prima edizione.

IN CASO DI MALTEMPO LA SERATA SI SVOLGERA' NELLA SALA NOBILI CAPPELLO


 * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

 

Il Dr. Giuseppe Mesirca nacque a Cittadella nel 1910 ma visse fino alla morte, avvenuta nel 1995, a Galliera, dove fu medico condotto.

Laureatosi in medicina e chirurgia all'Università di Padova ha esercitato per tutta la vita la professione di medico, si è formato come scrittore nel clima della rivista "Solaria".
Lo scrittore  è stato vincitore del Premio Campiello nel 1967 con il romanzo breve “Una vecchia Signora”, edito da Bino Rebellato, egli rappresenta uno dei personaggi di riferimento della cultura padovana del Novecento.

 
La sua narrativa, legata al gusto della prosa d'arte, ha come motivo ispiratore la poetica della memoria, espressa in un linguaggio allusivo, ricco di sfumature psicologiche.
Tra le sue opere, oltre a Una vecchia signora (1967) opera vincitrice del Campiello, si ricordano:  
Storia di Antonia (1939),
Un uomo solitario (1941),
Musica in piazza (1956),
 Eros al mare (1968),
La Rosina innamorata (1970),
Mi pareva d’esser vecchio senz’anni (1975),
Taccuino d’oriente (1979)
Vita e morte di Giuseppe Viviani (1980),
Sulle tracce del serpente piumato (1981,)
La strada bianca (1985),
Un gatto a tre zampe (1989),
Un velo bianco - racconti (1993).

Silvio Ramat, ordinario di letteratura italiana all'università di Padova e autore della prefazione del libro «Un gatto a tre zampe» di Mesirca, lo considerò uno dei massimi scrittori padovani del '900 e spiegò che è studiato solo su fotocopie perché le sue opere ormai sono introvabili.
 






* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

 


  "UNA VECCHIA SIGNORA" di Giuseppe Mesirca


Il romanzo “Una vecchia signora”  è uno spaccato di vita della provincia veneta e della borghesia paesana, chiusa nella sua ricchezza, abituata al comando e al possesso, incapace di comprendere le reali condizioni di vita dei contadini, poveri destinati a rimanere tali, “i poveri erano una razza speciale, avida e ingrata e bisognava guardarsi da loro con diffidenza”. (p.122)
Il tono è da commedia, anche se il momento storico è tragico e difficile. Inusuale la scelta di raccontare proprio le vicende di due giovani repubblichini, mentre si sottolinea il disgusto di Caterina verso il fascismo. Se l’adesione di Tilde alla repubblica di Salò appare dettata essenzialmente dal desiderio di sfuggire alla povertà, ben più convinto è Aldo, che partecipa a un rastrellamento di partigiani e afferma orgoglioso di averne uccisi cinque.
L’interesse di Mesirca non va, però alle vicende politiche, in quell’angolo della provincia padovana la guerra è una lontana eco, è un misterioso aereo che vola di notte sul paese, è la carestia incombente, il mercato nero, il rastrellamento dei partigiani, tutti eventi che paiono non scuotere la coscienza del paese. Solo alla fine la guerra si fa sentire in modo più marcato, con il bombardamento, la cui descrizione è però funzionale allo scioglimento della trama.
I partigiani sono personaggi misteriosi e nuovi che, come i fantasmi, “commettevano ogni sorta di molestie ai danni dei tedeschi e dei fascisti” oppure si presentavano di sera a casa di qualche facoltoso e avaro proprietario per farsi consegnare il denaro.
Dal canto loro, i paesani si erano convinti che per tutta la guerra non ci sarebbe stato alcun bombardamento, l’atteggiamento generale è di noncuranza e di “sorniona fiducia”, è un mondo piccolo, chiuso e non interessato ad alzare lo sguardo oltre i propri confini, un mondo che Mesirca descrive molto efficacemente, con una prosa dai periodi lunghi, abilmente descrittiva, nella quale il paesaggio veneto e le sue atmosfere un po’ sonnolente sono ben rispecchiati.
 
TRAMA
Inverno ’44. Nella sonnolenta provincia veneta, in un antico paesotto agricolo, vive Caterina, una vecchia signora austera e dispotica, inacidita dalla solitudine e dall’età. Ricca ereditiera, ha vissuto col padre fino a cinquant’anni e ha rifiutato ogni pretendente alla sua mano (e alle sue sostanze), dedicandosi all’amministrazione dei suoi beni e all’allevamento di cani e cavalli di razza. Abita in un grande palazzotto pieno di stanze insieme al vecchio servo Giovanni, ereditato dal padre, che mai l’aveva stipendiato pur avendolo utilizzato per molte mansioni (servo, fattore, cocchiere). In tarda età Giovanni aveva rivelato insospettate doti di domestico, tali da renderlo più abile di una cameriera di lunga esperienza.
Caterina ha modi bruschi e freddi, è piuttosto avara e conduce un’esistenza ritirata e chiusa, caratterizzata da abitudini fisse, piccoli riti che scandiscono il trascorrere del tempo. Per tenersi informata sulle ultime notizie del paese riceve ogni sabato, a orario fisso, alcune conoscenti, altre anziane signore che tratta come subalterne. Gli incontri si concludono con immancabili partite a briscola o a tresette e soltanto se la signora vince si degna di offrire alle ospiti un goccio di un vinello speciale, prodotto dai suoi vigneti.
Un giorno, nella vita regolata e monotona di Caterina, fa irruzione Aldo, un giovane diciassettenne, figlio di una sua lontana parente di Roma. Aldo è bello e pieno di vita.
“Aveva l’incarnato pallido, ma non del pallore del malato, indizio d’anemia, ma d’un misto d’ambra e di perla, una tinta incomparabile che la natura si compiace di dare alla pelle per conferire al viso un fascino maggiore, e, nello stesso tempo, per porre in risalto, dato il contrasto, le meraviglie dei lineamenti, come l’arco perfetto delle sopracciglia, gli occhi d’un bel marrone scuro, striato da tante pagliuzze dorate, e che sfavillavano entro il contorno delle ciglia lunghissime, e la bocca, d’un disegno tenero e insieme risentito, che se si socchiudeva soltanto un poco (e questo accadeva, si può dire, di continuo, come se le labbra fossero in perpetuo percorse da fremiti), rivelava denti di un candore ineguagliabile.” (p.46)
La vecchia signora, che aveva frequentato solo uomini rozzi e volgari, perlopiù anziani, rimane piacevolmente affascinata dal ragazzo e dall’allegro scompiglio che porta in casa, gli prepara buon cibo, un letto confortevole, si preoccupa per lui e diviene allegra come non lo era mai stata.
La presenza di Aldo conferisce “un non so che di vivace e di trepido” alla vita di Caterina, cui l’Autore dona tratti più dolci e affettuosi sotto la ruvida scorza.
Il ragazzo è un repubblichino, arruolatosi volontario nella milizia fascista, il suo distaccamento, con l’approssimarsi degli angloamericani, è stato trasferito dapprima a Firenze e poi a Padova, dove il giovane si è ricordato della lontana parente.
Aldo è “una ventata d’aria fresca” che sconvolge il piccolo mondo di Caterina portando “una straordinaria novità nei sentimenti”, lei si sente sicura con lui in casa, ma diventa gelosa soprattutto quando il giovanotto s’innamora di una coetanea, Tilde, una contadina piemontese arruolatasi come ausiliaria nell’esercito repubblichino per sfuggire a un’esistenza misera e faticosa. Sbattuta qua e là dagli eventi Tilde è infine approdata in Veneto.
Caterina tenterà d’insinuarsi tra i due con un finale prevedibile, da commedia.
 
(recensione libro: Marina Monego, novembre 2009)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Facebook Twitter
torna all'inizio del contenuto